L’aeroporto è un luogo che a me piace tanto. Un posto dove tante emozioni, tutte diverse, si sovrappongono e mescolano tra di loro. A ottobre 2021 ci sono tornato quando sono partito per il mio viaggio fotografico alle Dolomiti ed è stato bello come sempre, anzi di più.
L’aeroporto: un crocevia di emozioni
Pensiamo ai lunghi viaggi. Quando è in partenza una persona a te cara, provi tristezza e malinconia, magari allo stesso tempo sei felice per lei e per il viaggio che la aspetta. Quando sei tu quello in partenza, invece, senti dentro di te un’esplosione di sentimenti: gioia, allegria, impazienza di scoprire nuovi orizzonti, ma anche angoscia, magari ansia o un po’ di nostalgia creata dai sorrisi delle persone che ti hanno accompagnato all’aeroporto e di cui sai che sentirai la mancanza.
L’aeroporto è una metafora della vita: c’è chi va e chi viene. Quando mi capita di intraprendere un viaggio, cerco di gestire i saluti velocemente, per evitare di prolungare questa sofferenza e di farmi prendere dall’amarezza del momento. Di solito recito la parte di quello convinto di sapere sempre quello che sta facendo e che farà, senza preoccupazioni né ansie di nessun tipo, ma in realtà l’ansia è una componente stabile e forte del viaggio.
Se stai cercando di applicare questi miei ragionamenti a un viaggio di pochi giorni in una capitale europea, probabilmente non li capisci. Io ti sto parlando di quei viaggi che ho intrapreso con in mano un biglietto di sola andata, è lì che la situazione saluti si complica. Quando non sai effettivamente quanti giorni, quanti mesi separano il “buon viaggio” dal “bentornato”. Sarà che come fotografo amo occuparmi anche di ritrattistica, però mi soffermo molto sul viso delle persone e quando mi congedo da loro mi chiedo sempre come sarà quel viso la prossima volta che lo rivedrò.
L’aeroporto comunque è magico anche quando hai un biglietto di ritorno prenotato per pochi giorni dopo: ogni viaggio è un’avventura, anche se parti con il primo volo della giornata e torni con l’ultimo volo.
L’aeroporto come palcoscenico
Quando penso all’aeroporto, mi viene da pensarlo come palcoscenico, in cui attori e attrici di tutto il mondo portano in scena le emozioni umane e la suggestione del viaggio. Lo penso come attore, come un’entità che non si limita a ospitare le esperienze e chi le vive ma agisce attivamente nella costruzione di sensazioni, di un mood. Poi lo penso come teatro, anzi, come multisala, con tanti spettacoli in corso contemporaneamente, tutti diversi, alcuni agli arrivi, altri alle partenze.
L’aeroporto è pura magia, spesso mi ritrovo ad aver voglia di andarci anche se non devo partire, solo per il gusto di guardare i monitor delle partenze con le destinazioni e viaggiare con la mente. L’aeroporto mi fa respirare aria di viaggio, ma le controindicazioni includono un aumento considerevole della voglia di viaggiare, che nel mio caso è già di suo in perenne crescita.
Un altro simbolo del viaggio: l’aereo
Se è vero che l’aereo è un mezzo di trasporto che ti permette di raggiungere qualunque posto sulla Terra, è anche vero che l’aereo è un luogo, un posto, ha un suo, per così dire, ecosistema. Per me l’aereo non è solo lo strumento attraverso cui compio il viaggio, è parte integrante del viaggio inteso come occasione di contatto con altre persone, altre culture, come opportunità di uscire dal quadratino in cui la quotidianità cerca di relegare le persone che hanno una fissa dimora.
Io vivo a Cagliari, uno dei punti di sbarco aereo della Sardegna. Dal balcone di casa mia vedo tantissimi aerei passare: di tanti tipi, di tante compagnie, alcuni che si preparano ad atterrare altri che prendono quota verso le destinazioni più varie. Ogni volta che vedo un aereo in cielo mi chiedo da quale parte del mondo arrivi o verso quale angolo del pianeta sia diretto, mi ritrovo a pensare a quante persone ci saranno dentro, di che nazionalità sono, quale storia hanno alle spalle e quali avventure davanti.
Dimmi che posto prenoti in aereo e ti dirò chi sei
Capisci un sacco di cose di una persona sulla base di quale posto preferisce prenotare su un aereo. C’è chi preferisce stare lato corridoio, per avere sempre la possibilità di alzarsi e andare in bagno, senza dover avere la collaborazione dei vicini di postazione che devono appiattirsi e spostare le gambe. C’è chi vuole il posto accanto al finestrino perché vuole poter guardare fuori, vedere lo spettacolo delle città di arrivo e di partenza, il paesaggio, le nuvole, la danza dei componenti delle ali che si muovono durante il decollo e l’atterraggio. Poi c’è chi non bada a quale posto prenota, chi si tiene quello che la compagnia assegna casualmente.
Ecco, io sono sicuramente un tipo da finestrino. Durante il decollo e l’atterraggio mi riempio gli occhi anche della mia città, dove sono nato e cresciuto, un posto dove vivo e che conosco benissimo. Eppure, mentre sono su un aereo la vedo con occhi diversi. Ti capita mai? Guardi la tua città dall’aereo, cerchi di scrutare casa tua e i posti a te familiari. Quando questo succede mentre stai per atterrare, la tua città mette in scena uno spettacolo particolare, facendoti provare dentro di te le stesse emozioni che provavi prima di partire verso un posto nuovo.
Il sociologo Marshall McLuhan diceva che il mezzo è il messaggio, alludendo al fatto che quando parliamo, quando comunichiamo non lo facciamo solo con le parole, ma anche con la scelta del mezzo in cui far passare il nostro messaggio. Lo stesso per me vale per l’aereo, che non è solo un oggetto tecnologico attraverso cui possiamo rendere possibili i nostri viaggi, volando e spostandoci da un punto all’altro del globo, è esso stesso parte integrante di quel luogo.
E tu? Che pensi degli aerei e degli aeroporti? Ti rivedi in quello che ho scritto? Mi piacerebbe fammelo sapere nei commenti oppure sentiamoci sui social, qui trovi la mia pagina facebook e questo invece è il mio profilo instagram.
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